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Da quando Vlad non gioca più, non è più domenica

Photo by ETTU_official on Flickr © Tutti i diritti riservati
Non è passata nemmeno una settimana eppure ci manca già da una vita: Vladimir Samsonov ha deciso di ritirarsi così, in silenzio, abbandonando quei tavoli e quei palcoscenici che lo avevano visto protagonista per così tanto tempo. Tanti, davvero tantissimi anni passati a rincorrere quella pallina nei migliori palazzetti d'Europa e del mondo, al centro di un tennistavolo che ce lo ha restituito come uno dei più longevi - se non il più longevo - a consacrarsi ad altissimi livelli. I suoi block sono diventati antologia, il suo controllo del gioco e della palla materiale da mostrare con orgoglio ai più giovani. Vederlo giocare era diventata un'abitudine dolce, radicata, di quelle difficili da scardinare, tipo il caffè al mattino o il ragù la domenica: il risveglio è invece decisamente più doloroso, più cupo, come se una parte di noi, delle nostre vite pongistiche, ci avesse abbandonato per sempre. È l'aver rotto con la nostra fidanzata storica, quella della vita, mentre realizziamo di essere davanti allo specchio pensando: "E adesso, che si fa?"
Samsonov lascia più di una racchetta, più di una bacheca luccicante con tre Coppe del mondo (1999, 2001, 2009) in bella vista, più di una mancata partecipazione alla sua settima Olimpiade consecutiva - SETTE! Lascia l'eredità di un campione dentro e fuori dal campo, un gigante buono, un atleta unico nel suo stile e nel suo modo di divertirsi e far divertire, in grado di incollare generazioni di giocatori davanti allo schermo. Io stesso sono cresciuto con l'incubo del "devi imparare a mettere tutte le palle in campo come Samsonov", passando le mie migliori domeniche su Youtube nel tentativo di rubare almeno un trucco, un segnale, un dettaglio tecnico rilevante: la realtà è che pur avendo visto decine e decine di volte lo stesso colpo, la stessa apertura di rovescio, la stessa palla alta, il buon Vlad mi ha sempre lasciato in quella condizione a metà, nel dubbio tra "stavolta la prende" e "stavolta non la prende". Poi tornavo indietro veloce, schiacciavo di nuovo play e mi rassicuravo del tutto: anche stavolta Samsonov l'aveva messa dentro!
Come quella volta nel 2009 in semifinale contro Ma Long, come alle Olimpiadi di Rio 2016, come al WTTC di Manchester '97 con l'argento mondiale: immagini, gare, ricordi indelebili che rimarranno per sempre parte della storia del nostro sport.


E il brutto non è neppure ritirarsi a 45 anni suonati, quando il fisico ti sta sussurrando "basta" in maniera sempre più decisa: il peggio è non poter concedere un ultimo applauso, un match di fine carriera, una passerella in grande stile, come solo i veri fuoriclasse di ogni sport sanno meritarsi. Il brutto ma anche il bello del tennistavolo, perché Vladimir Samsonov, uno che è già tra i vicepresidenti della ETTU e che potrebbe allenare benissimo in qualsiasi ambito, siamo pur certi che il mondo della pallina da 40mm non lo lascerà così tanto facilmente 😉

Grazie per tutte le emozioni che ci hai regalato da giocatore, Vladi
Un po' meno per i troppi allenamenti spesi a cercare di imitarti


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