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Perché Werner Schlager non è solo l'ultimo (non) Samurai

Photo by LAOLA1.at © Tutti i diritti riservati
"Vincere non è importante, l'importante è partecipare". O ancora "nello sport come nella vita ciò che conta è metterci l'impegno". Quante volte abbiamo sentito queste frasi? Un'infinità, almeno una di troppo. E il problema è che sappiamo pure come va a finire: il mondo per come lo conosciamo, dal Pleistocene ad oggi, si divide tra coloro che pensano "è vero, l'importante è partecipare" e chi invece "conta solo vincere, l'importante è partecipare l'ha detto uno che arrivava sempre secondo". Filosofie diverse, giochi mentali diversi. Mondi opposti, ai due poli, che convergono su una sola, precisa domanda: ma alla fine la formula magica per la vittoria qual è? Se impegno e partecipazione rappresentano più o meno le basi, il requisito minimo per chi fa sport... come si fa a vincere? Di quali ingredienti c'è bisogno per la ricetta di un campione?
Qualcuno del settore, già che si parla di ricette, potrebbe tranquillamente far riferimento alla fame. Non quella fisiologica, di stomaco, ma la fame di successi, di gloria, fosse anche di sollievo per aver raggiunto l'obiettivo, per aver finalmente dato un culmine a tutti gli sforzi. Ma basta davvero essere sportivamente denutriti per vincere? Quando un mostro sacro come Ma Lin si presenta ai Campionati del Mondo non portando mai a casa il titolo è perché era già sazio di suo? Qualche perplessità rimane. E allora come dipanare la matassa? Semplice, prendi l'albo d'oro delle imprese sportive, scorri la lista, ti fermi ai mondiali del 2003 e leggi: WERNER SCHLAGER. Come diavolo ha fatto uno come Werner Schlager a scrivere la storia del tennistavolo rimanendo ancora oggi l'ultimo europeo ad esser salito sul tetto del mondo? È lì che bisogna cercare la risposta.
Quando Schlager si presenta ai Campionati del Mondo di Parigi nel 2003 lo fa quasi in silenzio, con lo status di chi parte da testa di serie numero 6. A 31 anni suonati, il suo stile "robotico" e le sue micidiali combinazioni di servizio e terza palla lo hanno già condotto a risultati prestigiosi: un bronzo ai Mondiali di 4 anni prima, in coabitazione con sua maestà Jan-Ove Waldner, in aggiunta a medaglie e piazzamenti tra Europei e Top 12 continentali costituiscono una luccicante bacheca personale. Non è quindi uno sconosciuto, ok, può essere un giocatore molto temibile ma di certo non uno dei papabili alla vittoria finale. Lo lascerà intendere anche la stessa ITTF nel suo articolo della vigilia:
BOLL (GER) against WANG Liqin (CHN) and Vladimir SAMSONOV (BLR) against MA Lin (CHN), this is the "set up" for the semi-finals in the Men's Singles at the Liebherr World Championships starting on Monday 19th.
Per Schlager ci sono insomma tutte le premesse per un torneo tranquillo ed una partecipazione più che dignitosa. Ma qui si parla di storia e la storia, si sa, non va quasi mai secondo copione.
Gli scenari cambiano come il vento. Boll fuori ai sedicesimi, sconfitto dal giovanissimo cinese Qiu Yike. Samsonov, la numero 3 del torneo, out agli ottavi nel classico europeo contro Kreanga. Qualche ora dopo anche Wang Hao si appresta a salutare definitivamente la Tour Eiffel. Per Schlager si materializzano invece lì, all'orizzonte, i quarti di finale: l'avversario è Wang Liqin, probabilmente il più solido giocatore cinese di quegli anni sia dal punto di vista tecnico che mentale, uno di quelli con lo sguardo cattivo già dalla prima pallina di riscaldamento. Sarà una sfida impressionante. Batti e ribatti, colpi di scena a non finire, recuperi mozzafiato. Ci vorrà una prova sovrumana, un'aggressività, una verve pazzesca e 4 match point annullati per vedere Wang Liqin crollare. Da 3-1 sotto Schlager si guadagna meritatamente la semifinale. E già di per sé è un'impresa di quelle che potrebbero tranquillamente farti sentire sazio. Mentalmente hai dato tutto, hai già buttato il cuore oltre l'ostacolo. Eppure non è ancora finita.
In semifinale l'ultimo cinese rimasto in gara tocca ovviamente a Schlager. Scherzi del tabellone. Ma Lin è stato sconfitto nei quarti da un giovane difensore coreano sin lì sconosciuto, numero 61 al mondo, un tale Joo Sae-hyuk: è la prova che in quei Mondiali tutto è possibile. C'è però da superare Kong Linghui, un altro sul quale è difficile passare nonostante l'inizio di quella fase di discesa che caratterizza tutti gli atleti del Sol Levante. Può essere la fine di una favola? Assolutamente no. Anche se di mezzo ci passa un filo talmente sottile che quasi lo perdi di vista. Chissà cosa si pensa in una semifinale mondiale quando, sul match point avversario ai vantaggi, l'avversario stecca il servizio. La gara è molto più tecnica, meno esplosiva. Ma non per questo senza emozioni. Il palazzetto spinge solo per Schlager.
La finale contro Joo Sae-hyuk sarà poi un'epopea, uno di quei match che tutti coloro che praticano tennistavolo dovrebbero vedere almeno una volta nella vita. Tipo La Mecca per i mussulmani. Non solo perché è un punto di riferimento, un'impresa, un vadevecum sportivo, ma soprattutto perché si coglie qualcosa di molto più umanamente profondo. Come ha fatto Werner Schlager a vincere i Campionati del Mondo quell'anno? La risposta può essere riassunta in maniera semplice: ha saputo cogliere il momento. O per meglio dire è stato bravo a mettere se stesso in una condizione di "ora o mai più". Now or never, per cantarla alla Jon Bon Jovi. Tutto per tutto. Quella condizione di quando senti di avere solo lo 0,001% di possibilità ed è la mente a farti reagire, a farti tirar fuori molto più di quello che normalmente avresti. Al limite dell'istinto di sopravvivenza. Anche se non è semplice, perché tutto deve coincidere alla perfezione: il tabellone, le sensazioni sul tavolo, la fortuna, il palazzetto che fa il tifo solo per te, la condizione fisica, quella mentale, un mondiale a 1000 Km da casa. Tutto deve essere naturale. E una volta che ti senti perfettamente a tuo agio, che capisci che il mondo sta girando un po' dalla tua parte, è allora che dai frutto a quella minima, insignificante possibilità. Basta vedere il punto del 11-10 in finale all'ultimo set: la perfetta definizione di "ora o mai più", un recupero in spinta di dritto al tavolo dall'angolo del rovescio, lì dove non ci sarebbe neppure spazio, al volo, impossibile anche solo da pensare. Senza altro modo, senza altra soluzione. Probabilmente il punto della vita, il punto della carriera, il punto che fotografa il momento. Aggrappato all'impossibilità degli eventi.
Sarà lo stesso Schlager in un'intervista di qualche anno dopo a confermare questa teoria, questa ricetta del campione: "Sapete, il segreto del mio titolo mondiale nel 2003 è che... in quel periodo ero innamorato. E l'amore ti apre davanti tantissime porte e rende molte cose davvero possibili". In fondo, anche sentimentalmente, non si può dire che non abbia sfruttato quel momento.

Per vincere bisogna che il nostro inconscio da gara ragioni come "ora o mai più". Che poi alla fine che mondo sarebbe se anziché "l'importante è partecipare" ci raccontassimo che "se vuoi vincere devi davvero sfruttare i momenti, sapendo che non avrai seconde possibilità"?



FONTI: 
www.ittf.com
www.wikipedia.org
www.tabletennis523.wordpress.com/2017/03/22/back-to-the-future-2003-wttc-paris

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